Archivi del mese: aprile 2011

Atomi di sabbia

Non domandarmi in quale giorno
forse un domani travestito da ieri
mentre svuotiamo le tasche dal tempo
per intuire il labiale sui muri
(come trapezi di luce in penombra)
dove le superfici non bastano o quasi
a contenere gli atomi nostri

non importa quanto lentamente
ma riusciremo a ferire la terra
con orgasmi ciechi di sole, che fanno male
come i muezzin delle cinque
perché le mancanze sono finestre di sabbia
cambiano forma col vento
ma poi rimangono sempre le stesse.

lo sai che di foreste buie si muore
per mezzo volo sbilenco
rovinato, tra un passo falso e un presentimento ;
che i re magi portano vuoti in bottiglia
senza sostenere una scelta
mentre tutto finisce sotto le foglie
anche la solitudine.


L’ultima visione

Sarai l’ultima visione
tra la linea di blu affranto
che scivola sul non sense del tramonto
e le scapole che si flettono
a cercare di volare, spinto
dal precipizio lungo delle ciglia

incontrerai i deliri di vladimir
nei campi di grano centrico
per poter cedere ai fili d’oro
(quasi a pensare che le storie sono debiti
che si saldano nei bulbi dei tulipani)
e poi correre l’ultima volta

respirerai le caviglie sterili
di chi cade troppo spesso sui natali ;
in pochi passi di lievito
e quelle notti a tinte semisbiadite
che lasciano germogli confusi
come calzini spaiati e mai ritrovati

capirai il dono e lo sfinimento
le labbra di pane a farti giorno ;
tributo al vento secco sulle colline
di una quercia solitaria, a pieno viso
con le parole sul collo ruvido
ed un drappo sull’ombrello riparato
a tenerti stretta
per insegnarti un’altra vita.

A Camilla e Sofia mie figlie e uniche vite possibili.


Okonomiyaki

Okonomiyaki, prima che sia troppo tardi
saperti le labbra in sandali
e la penombra di traverso, nelle vie di Hiroshima
la terra cala sottile e fa male agli occhi
come cenere spenta sulla terra.

vedere le gru a saltare i corsi d’acqua
il sole levarsi sulle colline opache
e noi, a planare l’approdo in spazi di loto
imparare il dolore nel richiamo
di chi aveva segni sulle spalle, come fiori
tenuti nelle pagine dei libri.

nel nostro tempo di stanotte, oppure il canto
suonare un flauto di riso
di colpe lontane, meno ovvie
temere di chiedersi perché si viene al mondo
con lo zainetto in spalla, per farsi amico il vento
e poi il sangue, deposto sul pesco nudo.

(Okonomiyaki vuol dire “come più ti piace” , è un piatto giapponese che veniva usato ai tempi della bomba atomica perché non c’era più niente da mangiare. Si preparava una pietanza mescolando una serie di ingredienti a caso per sfamare i sopravvisuti)


Parole trattenute

Poesia in concorso. Sarà ripostata appena avrò i risutati.


Ringrazio Neobar

Ringrazio Neobar e Abele per avermi dato la possibilità di ospitare le mie opere. Vi assicuro che riuscire a essere ospitati in blog letterari come Neobar, Poetarum Silva non è cosa che lascia indifferenti. In questi spazi si parla di cultura e si ospitano artisti di calibro nazionale ed internazionale e per me è un onore già solamente essere preso in considerazione. A chi fa piacere passare su Neobar, troverà una poesia inedita….buona lettura e semmai decideste di commentare vi prego di farlo li…

Questo il link http://neobar.wordpress.com/2011/04/07/gianluca-corbellini-okonomiyaki/#more-4910


Ciò che non volevo

Era questo di me che non volevo
reso divergenza di un colore
Nel grigio riflesso di una bisettrice
che taglia d’angolo
toccando il mio vertice in un grido
per concedermi il tempo di un errore
quasi a saturare tutto di peccato.

guardare, senza sapere la presenza
come saltare da una nuvola
e tu, che mi chiami in un tempo indefinito
a voler fermare il volo
nell’orbita di gesti non compiuti
del mio corpo che rinasce
ad un passo di luce dal ciliegio.

abitarmi, perdutamente verso terra
e tra le mani un rosario vuoto
senza poter pregare niente
nemmeno la tentazione del vento
che si poggia sopra il fremito più basso
fino a contenerne i soffi
e le punte d’ala di girandole.

dopotutto non solo per cadere
nell’avanzare di anni irreparabili
(perché il tempo è ciclico e non segna i compleanni)
come legna bagnata che non serve
tenuta in disavanzo nelle dispense
e poi asciugare le impronte
Con quel che rimane di certi sogni.